Ricorso  del  presidente  della  regione  siciliana pro-tempore on.
 prof. Giuseppe Campione, autorizzato a  ricorrere  con  deliberazione
 della  giunta  regionale del 9 dicembre 1993, rappresentato e difeso,
 sia congiuntamente  che  disgiuntamente,  dagli  avvocati  professori
 Giuseppe  Fazio  e  Federico  Sorrentino e dall'avv. Giovanni Lo Bue,
 elettivamente domiciliato  presso  il  secondo  nel  relativo  studio
 legale in Roma, lungotevere delle Navi, 30, giusta procura in margine
 al  presente  atto  contro  il  Presidente del Consiglio dei Ministri
 pro-tempore domiciliato per la carica in Roma presso gli uffici della
 Presidenza del Consiglio dei Ministri, palazzo  Chigi  e  difeso  per
 legge  dall'avvocatura  dello Stato, per la risoluzione del conflitto
 di attribuzione insorto tra la  regione  siciliana  e  lo  Stato  per
 effetto   delle   note   della   procura   generale   della   sezione
 giurisdizionale per la regione siciliana della  Corte  dei  conti  25
 ottobre   1993  prot.  n.  73801/3826  e  n.  73801/3827,  contenente
 richieste  di  atti  e  documenti  riguardanti  l'attivita'   interna
 dell'assemblea regionale siciliana.
                               F A T T O
    Con  note  in  data  25  ottobre  1993  nn.  73801/SP, 3826 e 3827
 pervenute al segretariato generale dell'assemblea regionale siciliana
 rispettivamente in data 4  e  3  novembre  1993  aventi  per  oggetto
 "richiesta  informazioni",  il  pubblico  ministero presso la procura
 generale della Corte dei conti, sezioni  per  la  regione  siciliana,
 chiedeva:
       a)  al  presidente  della  commissione  di indagine sul sistema
 informativo automatizzato dell'ARS appositamente  istituita  in  seno
 all'assemblea regionale siciliana "la trasmissione di atti, documenti
 e  processi verbali di audizione ritenuti fondamentali nella dinamica
 dei lavori finora espletati da codesta on.le commissione" aggiungendo
 quanto segue: "Vorra' inoltre la S.V. tenere informato questo ufficio
 dell'evoluzione delle indagini amministrative  condotte,  comunicando
 le relazioni di sintesi anche parziale gia' redatte o da redigere";
       b) al segretario generale dell'assemblea regionale siciliana:
       "1)  curriculum  professionale,  stato  matricolare,  ordini di
 servizio attinenti lo status giuridico e le attribuzioni di  funzioni
 e mansioni" riguardanti un referendario parlamentare dell'ARS;
       "2)  elenco  analitico  delle  missioni espletate" dal predetto
 referendario "anche con riferimento alla partecipazione  a  convegni,
 incontri  di  studio  e  conferenze  aventi  ad  oggetto argomenti di
 informatica";
       "3) prospetto analitico dei  contratti  stipulati  dall'ARS  in
 regime  di  trattativa  privata  con  specificazione per ciascun atto
 negoziale dell'oggetto e del valore di spesa  gravante  sul  bilancio
 dell'ARS";
       "4)  relazione  espositiva  di sintesi circa l'instaurazione di
 rapporti di impiego o comunque di servizio tra ARS e soggetti  fisici
 originariamente  reclutati  ad  personam  per chiamata c.d. diretta o
 fiduciaria,  e  poi  definitivamente  confermati   nella   temporanea
 posizione  di  lavoro  mediante  concorso interno o contratto a tempo
 indeterminato,  con  specificazione   delle   fonti   normative   e/o
 provvedimentali  o  che  hanno sorretto l'iniziale inquadramento e la
 definitiva assunzione";
       "5) generalita' del funzionario preposto al  ruolo  di  economo
 dell'ARS nell'ultimo quinquennio";
       "6)   sintesi  espositiva  circa  l'attivita'  esecutiva  della
 deliberazione n.  19  del  7  novembre  1989  dell'on.  consiglio  di
 presidenza dell'ARS, soprattutto con riferimento al punto n. 3".
    Nell'intestazione  dell'oggetto  delle due note, presumibilmente a
 giustificazione  delle   richieste,   veniva   in   parentesi   fatto
 riferimento  all'"art. 74 del t.u. Corte dei conti", disposizione che
 autorizza il pubblico ministero presso la Corte dei conti,  allorche'
 ha  gia'  iniziato  un  procedimento  istruttorio  nell'ambito  della
 propria competenza istituzionale, a "chiedere in comunicazione atti e
 documenti in possesso di autorita' amministrative e giudiziarie".
    La richiesta contenuta  nelle  due  note  predette  non  e'  stata
 indirizzata   ad  "autorita'  amministrativa",  non  rivestendo  tale
 posizione giuridica un componente dell'assemblea regionale  siciliana
 ne' il relativo segretario generale.
    Sia  il  presidente  della  commissione parlamentare cui era stata
 indirizzata la prima nota del pubblico  ministero  anzidetto  che  il
 segretario   generale   dell'ARS  destinatario  della  seconda  nota,
 comunicavano  le  richieste  ricevute  al  presidente  dell'assemblea
 regionale siciliana il quale trasmetteva copia delle lettere del p.m.
 al  presidente  della regione siciliana che investiva della questione
 la giunta di governo della regione siciliana.
    Quest'ultima, con la deliberazione  in  epigrafe,  riconoscendo  i
 predetti  atti  adottati  dal  pubblico  ministero  presso la procura
 generale della Corte dei conti per la regione siciliana lesivi  delle
 prerogative   statutariamente   garantite  alla  assemblea  regionale
 siciliana,  autorizzava  il  presidente  della  regione  siciliana  a
 sollevare  conflitto   di   attribuzione   davanti   l'ecc.ma   Corte
 costituzionale  chiedendo  altresi'  alla stessa Corte di sospendere,
 nelle more del giudizio, l'esecuzione dei provvedimenti da annullare.
                             D I R I T T O
    Le due note del pubblico  ministero  presso  la  procura  generale
 della  Corte  di conti per la regione siciliana contrastano anzitutto
 con l'art. 4 dello statuto siciliano e con gli  artt.  13  e  22  del
 regolamento interno dell'ARS.
    Inoltre  le  richieste  di  cui  alle  predette note esulano dalla
 attuazione data con il d.lgs. 6 maggio 1948, n. 655,  alle  istituite
 sezioni  di  controllo e giurisdizionale della Corte dei conti per la
 regione siciliana di cui  all'art.  23  dello  statuto  siciliano  ed
 incidono nelle attribuzioni disciplinate nell'art. 19 del regolamento
 interno dell'ARS in relazione all'art. 22 dello stesso regolamento.
    1.  -  L'art.  4 dello statuto della regione siciliana affida, con
 norma di rango costituzionale, al regolamento interno della assemblea
 regionale,  la  determinazione   delle   disposizioni   relative   al
 funzionamento dell'organo legislativo regionale.
    Per  la  parte  concernente  la materia oggetto delle due note del
 p.m. presso la procura generale della Corte dei conti per la  regione
 siciliana  di  cui  alla  narrativa  in fatto, il vigente regolamento
 dell'ARS ha stabilito che la responsabilita' della gestione dei fondi
 (trasferiti  con  mandato   di   pagamento   imputato   contabilmente
 all'apposito   capitolo   del   bilancio   regionale  ed,  in  quanto
 provvedimento amministrativo dell'esecutivo regionale, sottoposto  al
 controllo  contabile  interno  della  ragioneria  della  regione ed a
 quello esterno della  apposita  sezione  regionale  della  Corte  dei
 conti),  e'  affidata  alla  esclusiva  competenza  del  collegio dei
 questori appartenenti all'organo legislativo regionale  (artt.  13  e
 segg.).  A  sua  volta  tale  gestione  e'  sottoposta a verifica del
 consiglio  di  presidenza  dell'ARS  e,  dopo  tale  verifica,  viene
 sottoposta   all'assemblea   plenaria  legislativa  per  la  relativa
 approvazione (art. 13).
    Dal contenuto gia' riportato della prima delle due note che  hanno
 determinato  il  sorgere  dell'odierno  conflitto  di attribuzione e'
 agevole  rilevare  come  la  richiesta  di  acquisizione  di   "atti,
 documenti  e  processi  verbali",  allorche'  la apposita commissione
 parlamentare  istituita  nel  suo  seno  dall'assemblea   legislativa
 siciliana  sta  conducendo  la propria indagine al fine di consentire
 all'organo legislativo in sede  plenaria  l'esercizio  della  propria
 funzione,  equivale  a  turbare  la  funzione  ispettiva parlamentare
 dell'ARS proprio nel momento piu' delicato che precede ogni decisione
 plenaria della quale la norma costituzionale (art.  4  dello  statuto
 siciliano), demandando al regolamento le modalita' di esercizio della
 funzione,  ha attribuito la stessa competenza all'organo legislativo.
 Inoltre, dal  contenuto  della  seconda  delle  due  anzidette  note,
 sostanzialmente   inquisitoria  per  dir  cosi'  "all'interno"  della
 organizzazione degli uffici  dell'assemblea  legislativa,  emerge  il
 chiaro   intendimento   di  acquisire  elementi  per  la  valutazione
 dell'esistenza o meno di un danno erariale.  Questo pero' non  si  e'
 ancora   verificato,  sicche'  si  inverte  la  logica  tipica  della
 giurisdizione contabile, la quale e' presupposta  dallo  stesso  art.
 103,  secondo  comma, della Costituzione, che - salve le precisazioni
 che appresso si faranno sui limiti della automatica estensione  della
 competenza  della Corte dei conti - conferisce rilievo costituzionale
 alla stessa, presupponendo le  sue  tipiche  forme  regolative  (cfr.
 Corte  costituzionale, sentenza n. 221/1972).  Inoltre, e' chiaro che
 in tal  modo  si  sottrae  all'organo  costituzionalmente  competente
 (assemblea  regionale  siciliana)  la  possibilita'  di  valutare  la
 esistenza di tale danno  e  di  quantificarne  l'ammontare.    Ed  in
 effetti l'art. 22 del regolamento interno dell'ARS nel riferirsi alle
 due  possibili ipotesi derivanti dall'accertamento dei fatti ai sensi
 del precedente art. 19 dello stesso regolamento  non  consente  altri
 interventi,  nella fattispecie, che quelli di denunzia al procuratore
 della Repubblica nel  caso  dell'illecito  penale  e  di  ricorso  al
 procedimento  disciplinare  nel  caso  dell'illecito  amministrativo,
 attribuendo  esclusivamente  al  collegio  dei  questori  i  prodetti
 compiti.    Ma  quali  sono,  secondo le prescrizioni del regolamento
 dell'organo  legislativo  regionale  "i  fatti  accertati"  ai  sensi
 dell'art.  19  dello  stesso  regolamento?    Giova  a  tal proposito
 trascrivere il contenuto di tale articolo il quale, nella sua  chiara
 formulazione,   non   consente  dubbi  di  interpretazione  ne'  puo'
 determinare equivoci: "Qualora, nell'esercizio,  in  occasione  o  in
 violazione  dei  compiti  istituzionali  affidatigli,  il  dipendente
 dell'assemblea cagioni a questa un danno patrimoniale, quale  che  ne
 sia  l'entita',  del fatto sara' data immediata notizia al segretario
 generale, a  cura  del  direttore  o  capo  servizio  competente;  il
 segretario  generale  informa  il  presidente dell'assemblea mediante
 relazione dettagliata dalla quale risultino le circostanze accertate,
 la  presumibile  entita'  del  danno  cagionato  e  gli  elementi  di
 responsabilita'  emersi a carico del dipendente e dell'ufficio di cui
 fa parte o al quale e' sottoposto.
    Identica relazione sara' trasmessa al collegio  dei  questori,  il
 quale,  su  richiesta  del  presidente dell'assemblea, procedera', se
 necessario, agli ulteriori accertamenti e  provvedera'  con  decreto,
 alla dichiarazione di responsabilita', alla liquidazione del danno ed
 alla  intimazione  del  pagamento  della  somma liquidatata, all'uopo
 assegnando  un  termine  ovvero  consentendo  il  pagamento  rateale,
 qualora ne ravvisi la opportunita'.
    Contro  il  summenzionato  decreto  e'  ammessa  opposizione dello
 interessato al collegio dei questori, entro trenta giorni  dalla  sua
 comunicazione.
    Il  direttore o capo servizio, che, per dolo o colpa grave, ometta
 di notiziare il segretario generale, a  norma  del  primo  comma  del
 presente  articolo,  puo'  essere  dichiarato  corresponsabile con il
 dipendente".  La puntuale disciplina procedimentale sopra  richiamata
 si  pone come sostitutiva di ogni procedimento che, fuori dalle norme
 stabilite nel regolamento parlamentare dell'ARS, tende ad accertare e
 quantificare responsabilita' amministrative per  danno  erariale  nei
 confronti   di  dipendenti  dell'assemblea  regionale  siciliana.  Ne
 consegue che ogni iniziativa del  p.m.  presso  la  Corte  dei  conti
 siciliana  in tal senso contraddice a detta disciplina e, ove portata
 a compimento con l'accertamento della responsabilita' e la  eventuale
 condanna  del  dipendente a rifondere in tutto o in parte il danno da
 questi  causato  all'ARS  impedirebbe  al   collegio   dei   questori
 dell'assemblea   regionale   siciliana  di  adottare  il  decreto  di
 dichiarazione  di  responsabilita' e di liquidazione del danno di cui
 al predetto art. 19 del regolamento dell'ARS (poiche' diversamente il
 dipendente  potrebbe  per  ben  due  volte  ed  eventualmente   anche
 contraddittoriamente  subire condanna a risarcire l'ARS per lo stesso
 fatto).  Inoltre  verrebbe  vanificato  l'esercizio  del  diritto  di
 opposizione (e l'eventuale risultato di tale gravame) di cui al terzo
 comma  del  predetto  art.  19  e  sarebbero  anche  intralciati  gli
 accertamenti e  le  valutazioni  attribuite  al  segretario  generale
 dell'ARS dal primo comma di tale articolo.
    Quindi,  oltre  a  violare  gli  artt.  13  e  22  del regolamento
 dell'ARS, la seconda nota del p.m.  della  Corte  dei  conti  per  la
 regione  siciliana  vanifica,  violandolo,  l'anzidetto  art.  19 del
 regolamento parlamentare dell'assemblea regionale  siciliana.    Deve
 infine   notarsi   che   la  procedura  disegnata  dall'art.  19  del
 regolamento dell'ARS e' perfettamente  coerente  con  la  particolare
 natura  del  presupposto  previsto per la sua attivazione, e cioe' la
 determinazione di un danno patrimoniale - cagionato da un  dipendente
 -  proprio  nei  confronti  della  stessa assemblea. Non un qualunque
 danno erariale,  dunque,  fa  sorgere  la  necessita'  di  aprire  la
 procedura  di cui all'art. 19, ma solo il danno arrecato direttamente
 all'ARS. Sicche' e' del tutto logico che - almeno in  tutta  la  fase
 considerata  dall'art.  19  -  il  procedimento si svolga all'interno
 dell'assemblea, e senza alcuna intromissione altrui.
    Si badi: non si  vuole,  con  questo,  affermare  che  l'assemblea
 regionale  siciliana  goda  della  medesima  autonomia politica delle
 Camere, e sia percio' - al pari di  esse  -  sottratta  all'esercizio
 della   funzione   giurisdizionale   (cio',   invero  e'  stato  gia'
 ripetutamente negato da codesta ecc.ma Corte costituzionale: sentenze
 nn. 66/1964, 115/1972  e  113/1993).  Piu'  semplicemente,  si  vuole
 ribadire  che  la  fase  procedimentale disciplinata dall'art. 19 del
 regolamento  dell'ARS  non  puo'  essere,  in  alcun  modo,  alterata
 dall'intervento  della  magistratura  contabile.  Men  che  mai, poi,
 quando tale  intervento  esula  (come  appresso  si  dimostra)  dalle
 funzioni e dai poteri conferiti dalla legge alla Corte dei conti.  2.
 -  Le  norme  di  attuazione  dello  statuto siciliano emanate con il
 d.lgs. 6 maggio 1948, n. 655, riguardanti la istituzione  di  sezioni
 della  Corte  dei conti per la regione siciliana, non consentono alla
 stessa Corte e, quindi, al suo  p.m.,  di  esercitare  le  competenze
 derivanti  dal  t.u.  12 luglio 1934, n. 1214, al di fuori dai limiti
 derivanti da tale testo unico.  Stabilisce, infatti, l'art. 3,  primo
 comma,   delle   predette  norme  di  attuazione  che  le  competenze
 attribuite alla sezione giurisdizionale  siciliana  della  Corte  dei
 conti  comportano  l'obbligo  di  osservare le "norme del testo unico
 delle leggi sulla Corte dei conti, approvato  con  regio  decreto  12
 luglio  1934, n. 1214".  Conformemente alla loro natura, e in armonia
 con una consolidatissima  giurisprudenza,  i  decreti  di  attuazione
 degli  statuti speciali (come, del resto, anche gli stessi decreti di
 trasferimento di  funzioni  amministrative  alle  regioni  ordinarie)
 integrano  i  parametri  costituzionali  da  farsi  valere in sede di
 conflitto  Stato-regione,  e  rendono  percio'  ivi  contestabili  le
 relative  violazioni.    Va inoltre rilevato che, come gia' accennato
 nella narrativa in fatto, la  stessa  Corte  dei  conti  ha  indicato
 nell'oggetto  delle  sue  note  con  le  quali  ha  interferito nelle
 attribuzioni dell'assemblea regionale siciliana, l'art. 74  del  t.u.
 n.  1214/1934.  Tale  disposizione  inequivocabilmente fa riferimento
 alla possibilita' di chiedere in comunicazione atti  e  documenti  in
 possesso  "di  autorita'  amministrative".  A  parte  la  limitazione
 normativa della possibilita' di richiesta  (occorrendo  la  analitica
 specificazione  per  singolo atto o documento) e la impossibilita' di
 chiedere "elenchi" e "prospetti"  analitici  nonche'  una  "relazione
 espositiva di sintesi" (cosi' come fatto nella nota 73801/SP/3827 del
 25  ottobre  1993),  e'  evidente che il presidente della commissione
 parlamentare di indagine  nominata  in  seno  all'ARS  cui  e'  stata
 diretta  la  nota  n. 73801/SP-3826 del p.m.  della sezione regionale
 siciliana della Corte dei conti, non puo' certamente qualificarsi una
 "autorita' amministrativa". E  la  richiesta  generica  avanzata  nei
 confronti  del  predetto  parlamentare  regionale, anche per i limiti
 assegnati  dalle  sopracitate  norme  di  attuazione  dello   statuto
 siciliano  alla  attivita'  della  sezione  regionale della Corte dei
 conti, viene a configurare in concreto  l'ipotesi  del  conflitto  di
 attribuzione.
    Che l'assemblea regionale siciliana - e per essa, evidentemente il
 presidente   di  una  commissione  d'indagine  ovvero  il  segretario
 generale - non possa considerarsi autorita'  amministativa  e'  stato
 riconosciuto,   del   resto,   proprio   da   codesta   ecc.ma  Corte
 costituzionale con la sentenza n. 66/1964, nella  quale  testualmente
 si  osserva  come  "l'assemblea  regionale siciliana non possa essere
 configurata come organo amministrativo, giacche' le sue  attribuzioni
 - come come delineate nello statuto che realizza le particolari forme
 di  autonomia  previste  nell'art.  116  della  Costituzione - sono o
 legislative (artt. 14-19 dello statuto siciliano) o politiche  (artt.
 9, primo comma, e 20, secondo comma) e mai amministrative".V'e', anzi
 di  piu'. Anche qualora, per avventura, ci si risolvesse a conferire,
 con leggi, all'assemblea regionale siciliana  funzioni  di  carattere
 amministrativo,  cio'  sarebbe  in via di principio illegittimo, come
 gia' ebbe modo di statuire la sentenza n. 2/1959  di  codesta  ecc.ma
 Corte.   Che   si   pronuncio',  certo,  sulla  illegittimita'  della
 attribuzione  di  compiti  amministrativi  ad   un   organo   interno
 dell'Assemblea quale - nella specie - una commissione legislativa, ma
 possedeva  una  ben  piu' ampia portata. Come noto' subito Costantino
 Mortati (in una Osservazione alla sentenza,  in  Giur.  cost.,  1959,
 11),   infatti,   "nulla   sarebbe   cambiato"  se  alla  commissione
 legislativa "si fosse potuto attribuire carattere  esterno",  poiche'
 il  solo  fatto  di  prevedere  l'attribuzione  all'assemblea  di una
 funzione amministrativa avrebbe significato "introdurre  un  elemento
 di  disarmonia nell'unita' dell'azione di Governo, per cui il Governo
 stesso assume responsabilita'".  Solo  in  una  evenienza  del  tutto
 particolare  -  che non a caso attiene alla fase costitutiva dell'ARS
 stessa e cioe'  in  quella  della  convalida  degli  eletti  -  l'ARS
 esercita  una  funzione  che  si  e'  qualificata come amministrativa
 (Corte costituzionale, sentenza n. 113/1993; implicitamente, sentenza
 n. 115/1972). In questo caso, pero', la deroga al principio  generale
 fissato dalla sentenza n. 2/1959 si comprende e si giustifica perche'
 sulle  esigenze  di coerenza ed armonia istituzionale fatte valere da
 quella pronuncia prevale l'altra - costituzionalmente piu'  rilevante
 -   di   riconoscere  a  tutti  i  soggetti  incisi  dalla  pronuncia
 dell'assemblea una adeguata tutela giurisdizionale ai sensi dell'art.
 24 della  Costituzione  (cio'  si  evince  agevolmente  dalla  citata
 sentenza  n.  113/1993).    Nulla di cio' si verifica nel caso che ne
 interessa.  Non  si  tratta  -  qui  -   di   escludere   la   tutela
 giurisdizinale    nei    confronti   di   determinate   deliberazioni
 assembleari, ma semplicemente di negare che l'ARS - che come premesso
 ha natura di autorita' non amministrativa - possa essere  oggetto  di
 un  innominato, legislativamente non autorizzato, potere, di "ordine"
 della  Corte  dei  conti.  Inoltre,   il   fatto   che   l'assemblea,
 eccezionalmente ed in riferimento ad un procedimento particolarissimo
 quale  quello elettorale, compia un atto di natura amministrativa non
 puo' certo determinare una mutazione qualificatoria della stessa ARS,
 trasformandola in "autorita' amministrativa". Se cosi'  si  opinasse,
 si prospetterebbe una ricostruzione in stridente contrasto con l'art.
 20,  primo  comma, dello statuto siciliano, che affida alla giunta le
 funzioni amministrative di interesse  della  regione.  E  poiche'  il
 canone ermeneutico da adottarsi (come le stesse sentenze nn. 115/1972
 e  113/1993,  sulla  scia  di  una  consolidatissima  giurisprudenza,
 affermano) e' quello della interpretazione  confrome  a  Costituzione
 delle disposizioni sub-costituzionali, e' chiaro che simile aberrante
 ricostruzione non puo' essere legittimamente prospettata.
    3. - Le richieste formulate dalla procura generale della Corte dei
 conti della regione siciliana, oltre a confliggere con l'art. 4 dello
 statuto  siciliano  e  con il regolamento parlamentare dell'assemblea
 regionale siciliana nonche' con le norme di attuazione dello  statuto
 siciliano  riguardanti  l'istituzione  delle  sezioni della Corte dei
 conti  nella   regione   siciliana,   vengono   a   configurare   una
 inammissibile  ipotesi  di inchiesta permanente e generale aperta dal
 giudice contabile sull'operato dell'assemblea regionale siciliana.
    In proposito, va ricordato che l'ecc.ma  Corte  costituzionale  ha
 gia'  avuto  modo  di  pronunziarsi  su  una  analoga richiesta della
 procura della Corte dei conti formulata  -  allora  -  nei  confronti
 della regione Lombardia.
    Con la sentenza emessa in tale occasione (n. 104 del 9 marzo 1989)
 si  sono annullate, in sede di conflitto di attribuzione, alcune note
 della procura generale della Corte dei conti, volte  all'acquisizione
 di  un  elenco di incarichi professionali, in virtu' di una richiesta
 formulata   "indipendentemente   da   specifiche   contestazioni   di
 responsabilita'".
    Nella   predetta   sentenza  si  rilevo'  che  "la  richiesta  del
 procuratore  generale  non  e'  suffragata  da  elementi  concreti  e
 specifici,  ma  si fonda su mere ipotesi e astratte supposizioni e si
 dirige, in modo del tutto generico, ad un intero settore di attivita'
 amministrativa svolta per un rilevante periodo di tempo", aggiungendo
 che "il potere che si vorrebbe esercitare viene  cosi'  a  costituire
 ..,  una  vera e propria attivita' di controllo da parte di un organo
 che per legge non e' abilitato ad effettuarlo".
    La Corte dei conti, del  resto,  non  ha  facolta'  di  esercitare
 competenze  di  ogni  genere,  a  suo insindacabile compiacimento, in
 assenza di una specifica previsione legislativa. Sia pure dopo alcune
 iniziali incertezze,  la  giurisprudenza  costituzionale  e'  infatti
 compatta  nell'affermare  che  l'art.  103  della Costituzione ha una
 "espansivita'"  solo  "tendenziale",  sicche'   l'ampliamento   delle
 competenze  del  giudice  contabile  non  puo'  mai intervenire senza
 l'interpositio legislatoris (sentenze n.  102/1977,  189  e  241  del
 1984, 17/1985 e 641/1987). In caso contrario si determinerebbe - come
 si  e'  qui  in effetti determinata - la violazione dello stesso art.
 103 della Costituzione.
    4. - Istanza di sospensione.
    Sia il presidente dell'assemblea regionale siciliana che la giunta
 di governo della regione siciliana, nella deliberazione con la  quale
 ha  autorizzato  il presidente della regione a sollevare il conflitto
 di  attribuzione,  hanno  ritenuto  che  nella  specie  ricorrono   i
 presupposti  per  chiedere  all'ecc.ma  Corte costituzionale di voler
 sospendere gli atti impugnati con il presente ricorso  e  di  cui  in
 epigrafe, a norma dell'art. 40 della legge 11 marzo 1953, n. 87.  Ben
 sussistono,  infatti,  nella  specie,  le  gravi  ragioni  volute dal
 predetto art. 40 per la concessione della richiesta  sospensione.  Ed
 invero  l'ingerenza  della  Corte  dei conti nel procedimento interno
 avviato dall'organo legislativo della regione  siciliana,  attraverso
 la speciale commissione parlamentare di indagine gia' nominata, i cui
 lavori   sono  tuttora  in  corso,  determina  grave  incertezza  nel
 procedere dei lavori  della  stessa  assemblea  regionale  siciliana.
 Inoltre  tale  ingerenza  impedisce  lo  svolgimento del procedimento
 disciplinato dall'art. 19 del regolamento parlamentare della predetta
 assemblea rendendone in  particolare  impossibile  l'attivazione  con
 riferimento  ai  compiti  attribuiti  al  collegio  dei  questori del
 secondo comma dello stesso art. 19.  Si chiede, pertanto,  a  codesta
 ecc.ma  Corte  costituzionale di voler accogliere la presente istanza
 di sospensione.